L’ essere umano ha la capacità di accettare e superare la morte di una persona cara entro circa 18 mesi dall’evento.

L’amore in presenza può diventare l’amore in assenza.

Nonostante il trascorrere delle giornate può succedere, tuttavia, che non riusciamo a riprendere la nostra funzionalità affettiva ed emotiva, il nostro pensiero rimane intrappolato in rimuginii, sensi di colpa, incredulità, ricordi e immagini dolorose e il nostro corpo continua ed essere messo a dura prova da mancanza di sonno, inappetenza e spossatezza cronica.

In questi casi è importante rivolgersi al più presto ad uno specialista.

I nostri professionisti ti accompagneranno in un percorso di elaborazione del lutto e riprendere in mano una vita di senso.

Presso il Centro Medico Rindola è possibile scegliere tra:

  • un percorso psicologico , più breve, per le persone che si trovano a vivere una situazione di lutto e sentono il bisogno di essere sostenute e accompagnate a riprendere in mano la propria vita è previsto un percorso di sostegno psicologico.

Attraverso le sedute di sostegno psicologico si accompagna la persona a far emergere le risposte emotive vissute in seguito ad un lutto identificandole come adattive o disadattive.

Si lavora così sulla elaborazione della perdita allentando i legami e valorizzando gli elementi positivi del rapporto con la persona perduta con l’obiettivo di prendere commiato in modo sereno adattandosi alla nuova realtà.

  • un percorso di psicoterapia, più lungo nei casi in cui i bisogni, le motivazioni, le sensazioni, i pensieri e le percezioni sono diventati disfunzionali e influiscono pesantemente sulla loro vita.

Complicanze: il lutto negato ai tempi del Coronavirus?

Il processo di elaborazione del lutto si complica notevolmente quando la perdita avviene in situazioni “non comuni” come sta succedendo in questo periodo di pandemia da COVID-19.

L’estensione della pandemia ha creato una situazione di grave lutto in molte famiglie.

Purtroppo però non è solo il Covid-19 la causa di queste morti e tantissimi italiani stanno vivendo il passaggio dalla vita alla morte dei propri cari in modo restrittivo e drammatico.

Niente rito della vestizione, niente funerale, niente amici e parenti vicini ad alleviare il senso di vuoto che l’interruzione della vita lascia inesorabile in chi rimane.

L’assenza di questa ritualità è una complicanza che non riguarda solo i pazienti affetti da coronavirus; purtroppo in questo momento storico le ordinanze ministeriali impediscono di fatto che si possano svolgere dei riti funebri di qualsiasi deceduto; ci troviamo così di fronte ad un’assenza improvvisa, non rielaborata, quasi negata.

Ciò che nella nostra cultura è un rito di passaggio, nella mente umana ha una chiara funzione di progressione in quelle che sono le fasi della rielaborazione del lutto.

Quando questa rielaborazione viene negata o interrotta il rischio che ci si possa bloccare ad una fase di negazione è alto.

Quali possono essere le complicanze di un lutto non completamente vissuto?

Salutare i propri cari nell’ultimo addio ha lo scopo di creare dentro ognuno di noi una rappresentazione della realtà nuova, che comporta necessariamente una ristrutturazione dell’immagine di sé e del contesto in cui siamo inseriti.

Quando questa ristrutturazione non avviene o avviene in tempi troppo lunghi, può succedere che il gap tra la situazione reale e quella percepita sia troppo ampio e che il superstite neghi in cuor suo la perdita.

Quando ci riferiamo alla rielaborazione del lutto si parla di fasi e non di stadi proprio perché non vi è rigidità tra un passaggio e l’altro e non vi è nemmeno certezza che superata una fase si debba necessariamente vivere la successiva.

Le fasi dell’elaborazione del lutto comprendono, dopo un primo momento di rifiuto e negazione (1), una seconda fase di rabbia (2) che porta ad una fase intermedia di contrattazione e patteggiamento (3).

Il momento successivo è un momento depressivo (4) che solitamente anticipa la fase finale di accettazione (5).

L’elaborazione del lutto che viene chiesta a chi perde un proprio caro in questa fase pandemica è un’elaborazione carica di solitudine, di sensi di colpa per non aver potuto assistere il proprio caro nel passaggio, tutto vissuto in una condizione di stress generale molto elevato.

Il senso di colpa per l’abbandono del proprio familiare entra in contrasto con la paura di contrarre il virus in ospedale e quindi con la paura di ammalare i propri familiari rimasti a casa; la frattura interiore è potente e chi si ritrova a dover vivere un evento luttuoso è chiamato a farlo in solitudine.

Il rischio è anche che, nella mancanza della ritualità del funerale, il superstite si blocchi nella fase iniziale del lutto, quella della negazione: non poter vivere il momento della sepoltura, l’abbraccio di amici, il calore percepito dalla vicinanza della propria comunità e il senso di pace che segue solitamente la cerimonia religiosa blocca chi è rimasto in un pianto senza corpo.

Il centro Rindola apre al trattamento di queste problematiche, offrendo a chi lo desidera, un appoggio professionale in cui rielaborare la propria perdita, affinché l’addio ai propri cari, siano essi vittime del coronavirus o di altre patologie, non diventi un momento sospeso e non vissuto, ma sia comunque una fase di vita concreta da cui ripartire.