9 Marzo 2020
Secondo uno studio, le demenze in fase avanzata possono rappresentare un fattore di rischio di mortalità per le persone colpite dal virus.
L’emergenza sanitaria emersa a causa dalla diffusione del COVID-19 ha avuto un forte impatto sulle persone affette da demenza e, di conseguenza, anche sui loro familiari. in poco meno di 24 ore, infatti, persone e famiglie si sono ritrovate sole, isolate, senza una rete di supporto sanitario, sociale e psicologico su cui potevano abitualmente contare.
Il Dott. Angelo Bianchetti, Responsabile dell’U.O. di Medicina Generale dell’Istituto Clinico S. Anna, ha collaborato ad uno studio italiano sul possibile ruolo della demenza come fattore di rischio di mortalità per gli anziani colpiti dal coronavirus e ci racconta cosa è emerso.
Oltre alle cure anche il sostegno e la presa in carico continua
Nel mondo vi sono quasi 50 milioni di persone affette da demenza, una crescita di casi vertiginosa rispetto a trenta anni fa.
I motivi riconducibili a questo incremento sono sostanzialmente due: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento demografico.
Le demenze comprendono un insieme di patologie tra cui le più diffuse sono:
- la malattia di Alzheimer
- la demenze della malattia di Parkinson
- la demenza vascolare
- la demenza frontotemporale
- la malattia a corpi di Lewy.
Queste patologie si distinguono sintomatologia e domini organici e psichici coinvolti, ma hanno un elemento comune: richiedono un complesso ed articolato processo di cura, finalizzato ad accogliere e supportare bisogni psicologici, assistenziali e sociali”.
Chi soffre di una qualsiasi patologia neurodegenerativa presenta una vulnerabilità superiore alle patologie virali e sistemiche e per questo motivo sono persone più fragili.
Lo studio
In un recentissimo studio italiano, il Dott. Angelo Bianchetti, in collaborazione con diversi autori, ha analizzato il possibile ruolo della demenza come fattore di rischio di mortalità per gli anziani colpiti dal virus.
I risultati di questo studiohanno documentato un tasso di mortalità del 62,2% tra i pazienti con patologia neurodegenerativa, rispetto al 26,2% in anziani con funzionamento cognitivo integro.
Da un punto di vista psicologico e clinico, è interessante notare come per gli anziani affetti da COVID-19 era presente un generale peggioramento dello stato funzionale e delle autonomie di base.
È inoltre significativo riportare come per questo particolare campione di popolazione vi fosse una minor presenza dei sintomi clinici solitamente associati al coronavirus.
Infatti, solo il 47% dei pazienti aveva febbre, il 44% la dispnea ed il 14% la tosse”, di conseguenza era anche difficile riconoscere precocemente i sintomi del virus.
Da questo studio emerge nuovamente quanto una presa in carico olistica, ossia che contempli l’aspetto psicologico, sociale, familiare, assistenziale, è fondamentale per la costruzione di una rete che sia in grado di sostenere la famiglia anche nei momenti più critici.
In questi mesi il Centro Medico Rindola ha adottato anche delle modalità sono state attivate delle azioni a distanza allo scopo di sostenere psicologicamente i pazienti e i familiari.
Sfruttando piattaforme ad accesso gratuito è stato possibile seguire sia i familiari, in gruppo o individualmente, sia alcuni utenti, con conseguente contenimento degli stati d’ansia e di paura emersi soprattutto durante la quarantena.
Inoltre attraverso il confronto continuo con i familiari è stato possibile contenere anche i disturbi comportamentali e quali ansia e aggressività, che facilmente potevano emergere in situazioni di forte stress analoghe a quelle causate dall’isolamento e dalla solitudine conseguenti al Covid.