20 Novembre 2019
Due occhi preoccupati, due occhi arrabbiati: così giungono Marta e Luca in consulenza.
Marta e Luca sono i genitori di Paolo, 5 anni.
Sono qui perché mandati dagli insegnanti preoccupati per alcuni comportamenti disregolati del bambino. “ci dicono che dobbiamo farlo vedere perché non è normale, non interagisce in modo adeguato con gli altri bambini e anche con noi è un po’ sopra le righe”.
La mamma è preoccupata perché non sa come comportarsi, il papà è arrabbiato perché etichettano il figlio come malato.
Facciamo una riflessione insieme, tutti quanti:
Normale rispetto a che cosa? Adeguato a che cosa? Sopra quali righe? Prima di dare una definizione del bambino (o ancor peggio una diagnosi) perché non ci interroghiamo su quali criteri utilizziamo per definirlo. Sicuramente nel mondo adulto quella “gioia incontenibile” di Paolo quando vengono i suoi amici a casa è smoderata, inadeguata…in un mondo adulto nel quale bisogna comunque condurre il bambino attraverso l’educazione.
Eccolo qui il nocciolo della questione.
Quali compiti evolutivi deve assolvere un bambino di 5 anni?
Secondo Eric Erikson a 5 anni il bambino INIZIA ad impegnare le proprie energie in compiti più maturi rispetto a quelli esclusivamente giocosi e deve IMPARARE a dominare le proprie reazioni emotive in presenza degli altri e a regolare impulsi e affetti in modo più coerente con quelle che sono le necessità dell’intero gruppo familiare ed extra-familiare (gruppo dei pari, gruppo-classe), costruendosi una personalità più sociale e orientata verso il futuro.
Istinti e forze vitali del periodo precedente vengono pertanto convogliati dal bambino nelle attività scolastiche, sportive e artistiche, a dimostrazione delle sue accresciute capacità di adattamento alle richieste degli adulti.
Questa fase corrisponde a un momento piuttosto delicato nello sviluppo, in cui la sicurezza e la padronanza delle proprie capacità operative risulta essere premessa per il FUTURO sviluppo di una riconosciuta competenza produttiva.
Siamo quindi all’inizio di un percorso di crescita sociale e adeguamento dei propri comportamenti.
Ci sono bambini il cui bisogno esplorativo e la cui creatività fanno fatica ad essere convogliati in attività sempre più strutturate, con una successiva ripercussione su apprendimenti e socializzazione.
Se avete seguito il mio ragionamento rispondete a questa domanda: dare una diagnosi al bambino è funzionale all’accompagnarlo nello sviluppo delle sue competenze?
No, se è un’etichetta fine a se stessa (diagnosi di disregolazione emotiva, diagnosi comportamento oppositivo provocatorio), sì se si tratta di una valutazione del funzionamento UNICO di quel bambino, inserito in quel contesto e che viene utilizzato da genitori e insegnanti per trovare delle strategie educative adatte a quel bambino, che ne rispettino le sue capacità e le incanalino verso i compiti evolutivi che l’età richiede in questa società.
Non si tratta di minimizzare, ma di accompagnare i genitori nella loro sfida educativa per bambini unici e sereni!