18 Gennaio 2021
“Abbi cura di me” canta Simone Cristicchi in una sua celebre canzone, e come questo è un augurio che il cantautore ha fatto a se stesso per il suo quarantesimo compleanno, anche ogni persona malata di Parkinson dovrebbe rivolgere a se stesso questa esortazione.
Perché quando viene diagnosticata la malattia di Parkinson avviene un cambiamento importante nel mondo della persona che la riceve, tale da mettere in discussione il senso della propria vita.
La malattia arriva a toccare il mondo interno delle persona che ne è affetta, dai ruoli, ai bisogni, alla stima di sé.
Spesso il dolore, molte volte percepito come invalidante, unito ad altri sintomi, impedisce di svolgere le “normali” attività quotidiane e questo porta la persona in un vortice in cui l’immagine di sé subisce una forte attacco.
Emerge poi grande difficoltà a mantenere rapporti affettivi e relazionali con la rete di amici e con i parenti.
E’ importante quindi che la persona malata prenda coscienza dei cambiamenti che inevitabilmente la malattia porta, senza attribuire a se stesso una colpa che naturalmente non si possiede.
Solo attraverso questa consapevolezza si può iniziare un percorso di elaborazione di quanto si sta vivendo con l’attenzione di porre se stessi costantemente al centro della propria vita.
Si può modificare la propria quotidianità attraverso il cambiamento di alcune attività o prevedendo più tempo per svolgerle, senza ledere la propria dignità e mantenendo un’immagine di sé positiva.
Spesso purtroppo ci si identifica con la malattia per cui “avere il Parkinson” diventa con estrema facilità “essere Parkinson”.
Bisogna invece imparare a pensare che ogni persona è un insieme di cose, di capacità, di attitudini, di esperienze, di vittorie e sconfitte, e la malattia di Parkinson entra a far parte del bagaglio della persona, ma non deve identificarsi con esso.
Come si fa quindi a scindere la malattia dalla persona?
Anche se il corpo non è più un amico e un alleato si può diventare ugualmente padroni di se stessi se ci si ferma a conoscere tutto ciò che si può mettere in campo.
Perché nel sentirsi ancora utili c’è la chiave di una vita vissuta in armonia con se stessi e con gli altri.
E’ la capacità di riconoscersi ancora come degli esseri umani.
Nonostante la malattia.
Il sostegno psicologico aiuta la persona malata a tornare ad essere padrone di se stessa, riscoprendo passo dopo passo le risorse che può mettere in campo affinché possa esserci lungo il percorso di accettazione della malattia anche un continuo miglioramento della qualità della propria vita.