29 Ottobre 2021

«Il 29 ottobre si celebra, come ogni anno, la Giornata mondiale contro l’ictus cerebrale – ricorda Andrea Vianello, neopresidente di Alice Italia, l’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale – e la World Stroke Organization ha voluto, per l’edizione 2021, puntare i riflettori su quanto sia importante il riconoscimento tempestivo dei sintomi, lanciando il tema: “Minutes can save lives”.

I minuti, infatti, possono salvare vite umane, perché quando si tratta di ictus ogni perdita di tempo può causare problemi.

Una persona su quattro verrà colpita da ictus nel corso della propria vita, ma ogni minuto è prezioso: basti pensare che per ogni secondo che si ritarda dopo l’ictus vengono bruciati 32 mila neuroni e per ogni minuto ben 1,9 milioni».

L’ictus cerebrale, in Italia, è la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.

Quasi 150 mila italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave.
 
In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione, ma il fenomeno è in crescita sia perché si registra un invecchiamento progressivo della popolazione sia per il miglioramento delle terapie disponibili.

Oltre all’importanza di riconoscere tempestivamente i sintomi, la ricerca sta lavorando anche sulle migliori terapie da offrire a chi viene colpito da ictus.

Uno studio, condotto dalla Georgetown University e pubblicato sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), dimostra che

esiste un “perfect timing” della riabilitazione post-ictus: il recupero dell’uso di mani e braccia è maggiore se il trattamento riabilitativo si effettua tra i 60 e i 90 giorni.

Esiste un tempo ottimale in cui fare la riabilitazione


Il cervello in quella finestra temporale ha la massima plasticità.

I pazienti che avevano cominciato lo specifico programma di riabilitazione in quel periodo di tempo avevano ottenuto progressi statisticamente significativi, e percepiti come significativi dagli stessi partecipanti, che sentivano di aver acquistato un maggior controllo delle mani e delle braccia.

«I nostri risultati suggeriscono che  la riabilitazione motoria  intensiva va data ai pazienti con ictus tra i 60 e i 90 giorni dopo l’evento. È risaputo che un cervello giovane in via di sviluppo mostra una grande plasticità, rispetto ad altri momenti della vita.

I nostri risultati mostrano che potrebbe esserci un periodo simile di maggiore plasticità per i pazienti con ictus in un momento specifico dopo l’ictus», ha dichiarato Elissa Newport, direttrice del Center for Brain Plasticity and Recovery presso il Georgetown University Medical Center tra gli autori dello studio.

La scoperta di una finestra temporale ideale entro la quale le terapie riabilitative hanno il massimo vantaggio può rappresentare un passo avanti importante nel trattamento delle conseguenze dell’ictus.

Quello della riabilitazione «è uno dei problemi più rilevanti» sottolinea Nicoletta Reale, past president di Alice Italia (Associazione per la lotta all’ictus cerebrale). «È complesso e difficile – precisa – perché il paziente e soprattutto i famigliari e i caregiver cercano percorsi clinici che possano favorire una ripresa che, se ben pilotata, può dare risultati importanti».


La realtà Virtuale 


Tra le tecniche oggi maggiormente utilizzate per la riabilitazione neuro-motoria e cognitiva vi è quella della Realtà Virtuale.
La Realtà Virtuale stata sviluppata per integrare le classiche tecniche di riabilitazione: l’obiettivo è quello di insegnare di nuovo al cervello a controllare i movimenti del corpo.

Questa tecnologia può davvero essere utile per i pazienti che hanno concluso la classica riabilitazione ospedaliera e sono tornati a casa.

In questo particolare momento il cervello non utilizza ancora o solo in parte le regione colpite. 

 La Realtà Virtuale è efficace per forzare il cervello ad usare anche il lato danneggiato.

Gli studi dimostrano che il cervello è una macchina di apprendimento attiva.

Per questo, fornendo nuove forme di stimolo, si favoriscono nuove forme di apprendimento per far sì che il paziente possa svolgere determinati compiti.

E questo è esattamente quello che viene fatto attraverso la Realtà Virtuale.

Il Centro Medico Rindola si avvale di  software di ultima generazione che, grazie alla realtà virtuale, permette di creare programmi altamente specifici e personalizzati, per un training intensivo sia dal punto di vista cognitivo che neuro-motorio sia presso il nostro ambulatorio che a casa.

Per maggiori informazioni leggi l’approfondimento qui (Servizio di Neuropsicologia)

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