3 Settembre 2021
Mi capita spesso, leggendo qualche intervento sui social, di soffermarmi sulle riflessioni di familiari di persone con diagnosi di demenza che scrivono
“Non è più lui, non capisce niente, non mi capisce quando gli parlo, non ricorda niente”.
Queste reazioni sono sicuramente dettate da una fatica mentale e fisica legata all’assistenza che spesso porta a generalizzare e sottovalutare le capacità della persona malata di demenza.
Molto spesso, però, se ci si ferma ad ascoltare chi ha difficoltà cognitive, si scopre che queste persone possiedono una capacità di spiegare ciò che accade alla propria mente che può essere molto più precisa della definizione di qualsiasi manuale diagnostico.
Da psicologa che da molti anni lavora con le persone penso a quanto spesso lo stigma che caratterizza questa malattia porta la società a pensare che le persone affette da demenza hanno solo bisogno di fare, di essere intrattenute, di divertirsi.
Nessuno pensa mai al bisogno che ha una persona, soprattutto dopo che ha ricevuto una diagnosi come questa, di un confronto, di una condivisione con un familiare o un amico o uno specialista, o semplicemente di qualcuno che si sieda vicino e ascolti quel silenzio che vale molto di più di 1000 parole.
Di solito invece banalmente si tende a minimizzare, a normalizzare uno stato di malattia per paura di far star male l’altro.
Invece succede proprio il contrario: non ascoltando faccio stare male l’altro!
Non accogliedo il suo malessere è come se mandassimo un messaggio di rifiuto sia verso la malattia, ma soprattutto verso la persona malata.
Di che cosa allora ha bisogno una persona con demenza?
Di sicuro non ha bisogno di compassione o di qualcuno che neghi la realtà.
Ha bisogno di avere l’opportunità di raccontare e di vivere.
Ed ecco Grazia, una signora affetta da diagnosi di Alzheimer che oggi ci racconta il suo vissuto:
“All’inizio mi sono accorta che dimenticavo facilmente le cose, dimenticavo gli appuntamenti e avevo incominciato ad avere difficoltà alla guida specialmente nelle rotatorie.
Mio marito mi diceva spesso “stai attenta”.
Stavo male, avevo molta ansia, ma questo mi ha portato anche a farmi delle domande: che cosa stava succedendo?
Perchè sembro non capire bene le cose?
Perche mi sento più ansiosa del solito?
Non ho voluto tenermi tutto dentro e ne ho parlato subito con mio marito e con mia figlia.
Con mio marito ho un bel rapporto , lui mi dà sicurezza, e insieme facciamo tante cose:
Mi ha aiutata e mi aiuta tutt’oggi ad adattarmi alla mia situazione.
Quando esco mi capita di incontrare alcune amiche, non sono molte, ma mi fa piacere rimanere a parlare con loro 10 minuti.
Mi chiedono come sto e mi fa piacere.
A chi si trova nella mia situazione consiglio di non chiudersi in se stessi ma di condividere i vissuti e i pensieri con familiari o professionisti.
E’ importante parlare di ciò che si prova.
Io fortunatamento faccio parte di un gruppo di persone che sono nella mia stessa situazione.
Con loro e con la nostra psicologa ho imparato a condividere, ad aprirmi senza la paura di venire giudicata come colei che non capisce più nulla.
Assieme al gruppo sono riuscita a capire che vivere con questa malattia non significa solo avere un problema di memoria, non siamo smemorati.
Vivere con la demenza significa alternare momenti di tranquillità a momenti di confusione, di ansia.
Significa accettare di essere più lenti nel fare ciò che prima era quasi automatico.
Significa rallentare la giornata anche per viverla meglio e sentirla scorrere sulla propia pelle, arrivando alla sera sentendosi stanchi, perchè grazie a chi mi sta vicino posso vivere delle giornate piene.
Bisogna reagire senza aver paura.”
Attraverso persone come Grazia, donne e uomini che hanno il coraggio di parlare della malattia senza doversi vergognare lentamente riusciremo ad abbattere lo stigma che considera il malato di demenza come una persona che non capisce più niente.
Se anche tu hai ricevuto una diagnosi di demenza o di declino cognitivo contattaci, insieme ne parleremo.
0444 023924
Per approfondire: