10 Giugno 2020

A qualunque stadio della Malattia di Parkinson si possono verificare disturbi a carico delle abilità deglutitorie e del sistema pneumo-fono-articolatorio, dei quali spesso il soggetto e i familiari non sono consapevoli.

Negli stadi avanzati della Malattia circa il 50% delle persone può presentare disfagia, ovvero una alterazione della capacità di deglutire cibi solidi e/o liquidi, in cui il tempo del pasto risulta allungato e spesso il cibo “va di traverso”, con ricadute notevoli sulla possibilità di alimentarsi in sicurezza e perdendo così il piacere che contraddistingue il momento del pasto.

Spesso queste persone gradualmente e senza neanche rendersene conto abbandonano alcune categorie di cibi che vengono riferite difficili da gestire perché vanno di traverso: solitamente cibi duri come la bistecca, di doppia consistenza come la minestra con la pastina, o molto liquidi come l’acqua, preferendo budini, vellutate, cibo frullato.

“Capiamo quindi il disagio che le persone possono manifestare quando si trovano impossibilitate ad alimentarsi come sono sempre state abituate.

In un popolo come quello italiano in cui stare a tavola rappresenta in primis un piacere, accettare di doversi privare di alcuni cibi perché sono faticosi da masticare, da gestire, oppure perché vanno di traverso, non è per nulla semplice.”

La persona può poi presentare una sintomatologia che, in gergo tecnico, prende il nome di disartria.

La disartria è un disturbo motorio del linguaggio che si instaura nel soggetto in seguito ad un danno neurologico di varia localizzazione.

Essa porta con sé alterazioni a carico della funzionalità dell’apparato pneumo-fono-articolatorio, responsabile della corretta produzione dei suoni del linguaggio, della voce, della mimica facciale e di molto altro.

Una persona con disartria nella M. di Parkinson ha solitamente difficoltà ad iniziare il discorso, l’eloquio risulta monotono e difficile da articolare, privo di coloriture emotive, spesso di bassa tonalità, può essere a tratti talmente rapido da risultare incomprensibile e assomigliare ad un balbettamento, alle volte molto lento.

La voce stessa può non rispondere alle esigenze della persona: è per lo più molto bassa nel volume, flebile, difficile da controllare nell’emissione.

In questo caso si può dunque parlare di disfonia, ovvero di una alterazione della normale emissione della voce.

A tutto ciò si può accompagnare una ridotta espressività del volto.

“Attraverso il linguaggio, la voce e la mimica facciale il soggetto esprime sé stesso, i propri bisogni, i propri stati d’animo. Se questo viene a mancare le difficoltà a comunicare con gli altri si fanno più marcate.”

Le condizioni appena descritte, ovvero difficoltà nella deglutizione, nell’emissione della voce e nell’articolazione del linguaggio spesso si manifestano contemporaneamente, non solo nella Malattia di Parkinson, ma anche in molte altre patologie.

Ciò accade perché gli organi deputati allo svolgimento di queste funzioni sono i medesimi, e l’alterazione di una delle componenti di un sistema così complesso comporta la creazione di una sorta di “falla” nel sistema stesso.

Il risultato è dunque l’instaurarsi di un circolo vizioso in cui la persona spende molte energie per farsi comprendere dagli altri, ma spesso questi sforzi non sono ripagati.

Non sempre infatti la persona utilizza strategie adeguate, e non sempre l’interlocutore è in grado di comprendere tutto ciò che la persona sta dicendo.

Quest’ultima può iniziare lentamente a percepirsi come comunicativamente non adeguata e performante, ad avvertire i momenti comunicativi come estremamente negativi.

Questo la porta a ritirarsi dalle situazioni che richiedono l’utilizzo del linguaggio e della voce, fino ad escludersi dalla partecipazione di ogni attività verbale e comunicativa.

Inutile dire che l’isolamento comunicativo porta con sé correlati psicologici molto pesanti, in particolare ansia e depressione.

Ma quindi come interviene il logopedista nella Malattia di Parkinson?

Step 1: la valutazione

Per poter capire quali siano le abilità deficitarie, il loro livello di compromissione e quali invece i punti di forza del soggetto, il logopedista si serve di un’iniziale seduta di valutazione.

In questa sede egli valuta accuratamente attraverso protocolli validati e standardizzati le difficoltà della persona nella sfera comunicativo-linguistica e oro-alimentare.

Step 2: il trattamento logopedico

Conclusa la valutazione, sarà il terapista a decidere quale programma di trattamento sia più efficacie per la persona.

In presenza di alterazioni della deglutizione l’obiettivo è permettere al paziente di riappropriarsi di una deglutizione funzionale, che gli permetta di assumere cibi a diverse consistenze e di supplire al suo fabbisogno energetico in autonomia, in sicurezza, e secondo le sue possibilità anatomo-funzionali.

Quando la deglutizione non avviene adeguatamente, infatti, il rischio è la penetrazione o l’aspirazione del bolo o di parte di esso in trachea.

Se questo accade, il soggetto manifesta tosse dopo aver mangiato, può andare incontro a episodi di soffocamento oppure ad una polmonite ab ingestis.

Nei casi meno gravi limita l’alimentazione della persona che inizia ad escludere alcuni cibi perché considerati fastidiosi da gestire.

Per questo deglutire in sicurezza è così importante!

La riabilitazione della deglutizione viene effettuata tenendo in considerazione i risultati degli esami del medico specialista, dal quale si ricava dove e quale sia il deficit specifico di deglutizione.

In base alla diagnosi si può procedere con un trattamento volto al ripristino della corretta motilità della muscolatura orale e periorale, attraverso un allenamento di forza e propriocezione, oppure insegnando manovre facilitanti per deglutire.

In alcuni casi può rendersi necessaria l’adozione di misure compensative quali la modifica della consistenza dei pasti (liquido, consistenza budino, tritato, solido..) e di posture di compenso che permettano al cibo di intraprendere la via giusta e non andare di traverso.

    

Le difficoltà nell’articolare il linguaggio nella M. di Parkinson risultano non tanto da un danno neurologico ai centri del linguaggio, quanto da una difficoltà nel controllo, coordinazione e forza delle strutture coinvolte nella sua produzione.

Il nostro viso è ricco di muscoli, la nostra lingua è un muscolo costituito di più fasci, le labbra sono, al di sotto dello strato cutaneo, fatte di muscoli, e anche la voce viene prodotta grazie a muscoli.

Se il controllo muscolare non è buono anche l’articolazione e la produzione del linguaggio non sarà buona.

In questi casi si parla dunque di disartria, ovvero un disturbo del linguaggio conseguente ad una alterazione motoria, in cui il soggetto sa perfettamente cosa vuole dire, ma fatica perché gli organi deputati non sono ben controllati dalla persona a causa della lesione neuronale.

Il programma riabilitativo prevede l’esecuzione di esercizi propriocettivi e motori per stimolare la sensibilità e il miglioramento del tono della muscolatura orale e del volto, utilizzando la voce, la parola e il linguaggio, in diverse modalità.

Se il soggetto presenta difficoltà nell’emissione vocale e nell’articolazione del linguaggio (disartria e/o disfonia), la riabilitazione logopedica agisce in base alla problematica specifica vocale individuata dal medico specialista.

La letteratura scientifica internazionale è concorde sull’efficacia, per la riabilitazione della voce nella M. di Parkinson, di un programma intensivo specifico a sedute molto ravvicinate e per un breve periodo, piuttosto che per un tempo lungo.

Si prevede infatti un primo ciclo di trattamento in cui il paziente afferisce all’ambulatorio 4 giorni a settimana per 4 settimane.

Ogni giorno e ogni settimana gli esercizi da svolgere sono diversi e sempre più complessi.

L’obiettivo del trattamento è proprio permettere al paziente di produrre una voce più forte, alla propria e caratteristica tonalità.

Al paziente vengono forniti esercizi da svolgere a domicilio ogni giorno in autonomia o aiutato dal famigliare.

Questo tipo di trattamento permette di attaccare i sintomi vocali della malattia con una grande potenza.

Ed è proprio la vicinanza delle sedute che favorisce l’invio di stimoli salienti al cervello che portano a modificare il modo in cui la persona utilizza la voce e a mantenerlo per un certo tempo.

Dopo il ciclo intensivo si valutano i risultati ottenuti e la persona continua il mantenimento a domicilio, con possibili controlli di follow up che permettono di stabilizzare il più possibile nel tempo i risultati ottenuti.

La terapia non è dunque risolutiva, ma sicuramente aiuta la persona a capire che la sua voce non è sparita o si è modificata, c’è ancora, ma ogni tanto è necessario ritrovarla e rinforzarla.

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